La lavorazione dell’argilla, la sua trasformazione in ceramica è un’arte che ha attraversato non solo i secoli, ma anche i chilometri.
A mostrarcelo nella pratica è Yuka Hata, l’artigiana ceramista creatrice di Laboratorio Isola. Il suo brand di oggetti artigianali in ceramica.
Piatti, piattini, tazze, scodelle e vasi che avrà modo di mostrarci durante il nostro incontro.
Il suo laboratorio è semplicemente romantico. Un attico di una vecchia casa milanese, dove traboccano lavorazioni in ceramica da tutte le parti. È una piacevole mattinata primaverile, e il sole illumina gli ambienti attraverso i lucernari del tetto.
Yuka ci accoglie con gentilezza. Una piacevolissima signora sorridente e incredibilmente appassionata nel suo lavoro.
È da sei anni che ha iniziato a lavorare su propri oggetti in ceramica, ci dice. Tuttavia, la sua passione nasce fin da giovane. Da quando, come avviene in Giappone, ha imparato la tecnica base di ceramica all’Università di Musashino di Tokyo.
“L’argilla è un materiale molto interessante”, ci dice Yuka. “La usiamo fin da bambini perché è molto facile da maneggiare. Ma è anche complesso da studiare e da esplorare in tutte le sue possibili applicazioni”.
Da Tokyo, Yuka si trasferisce a Milano, dove frequenta l’Accademia di Brera. Fra studi di pittura e lavori per alcune installazioni, decide di riprendere lo studio della ceramica.
“All’inizio ho cominciato a realizzare oggetti di uso quotidiano, come piatti e tazzine. Poi ho continuato creando qualcosa di più artistico, come questi vasi”.
I vasi di cui parla sono meravigliose forme originali che vediamo un po’ dappertutto nel suo laboratorio. Ci avevano colpito fin da subito. E potremmo dire che qui rappresentano il ‘piatto della casa’. La loro storia è molto particolare.
“Un giorno mi è capitato di assistere ad una performance artistica di mie amiche giapponesi. Mentre una dipingeva, un’altra cantava. Nel momento in cui ho sentito questo suono dal vivo, ne sono stata incredibilmente scossa”, ci dice.
Ma cosa c’entra la musica con dei vasi? Conoscendo cosa ha ispirato le creazioni di Yuka, è facile ritrovare in quelle forme un richiamo al suono. I suoi particolarissimi vasi sono adorni con due o più coni, che, in effetti, ricordano la forma di un grammofono.
“La mia idea era di creare un oggetto che richiamasse uno scambio di suoni, da fuori a dentro e viceversa. Un punto d’incontro fra chi ascolta e chi parla. Quando li ho creati per la prima volta, è stata questa l’idea che volevo trasmettere”.
E infatti, chiamarli vasi non è esattamente appropriato. Per Yuka, queste volevano essere originariamente opere artistiche, senza un utilizzo funzionale.
“Alcune persone, dopo averli visti, avevano pensato di metterci dentro dei fiori. Ma per me non poteva esserci niente al loro interno, proprio perché questo avrebbe impedito l’ideale scambio di suoni per cui li avevo realizzati”.
Dopo un po’ di tempo, ci racconta, ha voluto anche lei provarli come vasi, inserendo in un foro centrale un mazzo di fiori. “Li ho guardati bene e mi sono detta: ma ci stanno proprio bene!”, dice sorridendo.
Da allora le sue opere hanno trovato un giusto compromesso, fra oggetti di uso comune e creazioni artistiche.
“Utilizzo solo il foro nel corpo centrale per inserire i fiori. Nelle ‘orecchie’ invece non metto nulla”.
La vocazione di Yuka, come lei stessa ci racconta, è in effetti più legata al mondo dell’arte piuttosto che all’artigianato.
“Ho ancora difficoltà a mettermi lì e fare una collezione intera, una serie di oggetti tutti uguali su commissione”, ammette. “È qualcosa che, dopo un po’, mi annoia. Mi piace molto di più sperimentare, creare oggetti unici e vedere come prende vita e si trasforma l’argilla sotto le mie mani”.
Ancora, ci dice, sta esplorando questo mondo, cercando di capire quale possa essere la strada giusta da seguire. Per lei, la differenza fra arte e artigianato è molto sottile, e provare ad inquadrarsi in una o nell’altro è una scelta complicata.
Ciò che è invece ben definito ed evidente è lo stile orientaleggiante delle sue ceramiche. Sia per l’utilizzo dell’argilla, che per le fantasie che crea attraverso i suoi smalti.
Sul procedimento di lavorazione dell’argilla stessa, ci mostra una tecnica giapponese, oggi utilizzata in tutto il mondo.
“Si chiama il Kikuneri, impastare a forma di fiori di crisantemo”, spiega mentre maneggia un panetto. Lo schiaccia con forza sul tavolo, facendolo ruotare su se stesso con movimenti precisi. Questo processo disegna, in effetti, un motivo floreale, una specie di petalo, sull’argilla.
È un passaggio fondamentale per chi, come lei, utilizza materiale di recupero. Ovvero riassembla con acqua i resti non cotti di altre lavorazioni, per poterli riutilizzare. Attraverso il Kikuneri, si elimina l’aria in eccesso dall’argilla. Evitando così la creazione di bolle o addirittura di spaccature durante la cottura.
Terminato questo trattamento, si passa poi alla fase del tornio. Se quanto fatto finora era la parte più faticosa del procedimento, come ci dice Yuka, ciò che viene adesso è la più complicata e delicata. E, anche per questo, i giapponesi hanno un singolare modo di dire.
“Questo procedimento ha un nome giapponese che si traduce con ‘uccidere l’argilla’”, ci dice. Si tratta di una tecnica che serve a posizionare l’argilla e farla rimanere nel centro del tornio, bilanciando la forza centrifuga. In questo senso, ‘uccidere’ va inteso come piegare l’argilla alla propria volontà. Comandarla e indirizzarla.
Per creare un singolo vaso, il processo è abbastanza lungo. Ci vogliono almeno un paio di settimane affinché si riesca ad ultimarlo. Anche perché l’argilla ha bisogno di tempi tecnici per l’asciugatura, che deve avvenire in maniera graduale per evitare spaccature. Va poi incontro a diverse cotture. Yuka, nel suo forno, ne fa prima una a 850 gradi. Pulisce e applica lo smalto. Dopodiché ne fa una seconda a 1250 gradi, per poi fare un’altra applicazione di smalto e correggere le eventuali colature.
Lasciando agire i suoi smalti con tempistiche diverse, Yuka riesce tuttavia ad ottenere da questi colori più o meno decisi impressi sulle ceramiche. Attraverso l’applicazione e l’interazione fra smalti diversi, reazioni chimiche creano colorazioni e fantasie sempre nuove. Ed è anche questo che affascina Yuka nel suo lavoro.
“Si può partire da un’idea di fondo, per immaginare come vorrai venga fuori il tuo oggetto”, ci spiega. “Ma non sarà mai esattamente come te lo aspetti. È questo che rende tutto affascinante e sorprendente. Perché nulla è mai scontato!”
Guardandosi attorno, non si può che darle ragione. Ogni fantasia creata da Yuka è come fosse stata in movimento un attimo prima di cristallizzarsi. Creando scenari rilassanti e di una bellezza ipnotica.
Lasciamo questo posto incantato e Yuka alle sue creazioni. Aspettando di vedere presto i suoi ultimi capolavori.