Silvia Giorgetti, textile design e allestimenti tessili

Per i non addetti ai lavori, non è così facile comprendere a pieno l’arte di Silvia Giorgetti. Per nostra fortuna, abbiamo l’opportunità di incontrarla nel suo laboratorio, e farci spiegare meglio di cosa si tratta dalla diretta interessata. 

Come un buon laboratorio tessile che si rispetti, ci troviamo subito circondati da numerosi contenitori traboccanti di tessuti. E lì dove non c’è più spazio, rotoli e stralci sono utilizzati per arricchire pareti e tavoli. Alcuni pronti per essere lavorati, altri appesi come quadri ad abbellire l’ambiente. L’effetto è davvero speciale. 

Se volessimo cominciare con una definizione precisa, il campo di Silvia Giorgetti è il disegno tessile

“Non si tratta semplicemente di fare un disegno da applicare al tessuto”, precisa subito. “Il tessuto non è un foglio di carta. È materia che occupa e si muove nello spazio”.

Quello che è il lavoro di chi fa textile design è concepire il tessuto in relazione ad un ambiente fisico, così come alle sue stesse caratteristiche. Forme, colori e fantasie.

“Il tessuto è flessibile e si evolve”, ci spiega. “La difficoltà è concepirne il ruolo all’interno di un contesto preciso. Capire come questo può trasformare l’ambiente in cui è inserito”. 

Non si parla quindi di lavorazione tessile riferita all’abbigliamento. Quello di cui si occupa Silvia Giorgetti sono allestimenti tessili. Per i quali utilizza quasi esclusivamente tessuti naturali.

Attraverso lo studio di uno spazio e l’utilizzo di specifici tessuti, lavorati sempre in modo diverso, Silvia cambia la percezione di quello spazio. Lo rende unico, lo trasforma, lo arricchisce, ne definisce nuove percezioni.

“Il textile design è qualcosa che in realtà è sempre esistito”, dice. “È sviluppato attraverso migliaia di tecniche diverse. E con queste si può cambiare la natura di un ambiente, utilizzando il colore e il ritmo con cui si parlano i materiali fra di loro”.

“È il campo che mi è sempre interessato”, continua. 

“I tessuti utilizzati per i miei allestimenti hanno poi un grande vantaggio: in pochi passaggi, si possono piegare e portare dietro con sé. Sono leggeri, agevoli, spostabili senza la necessità di smontare nulla”. 

Il disegno tessile, ci dice, vuol dire pensare a tutta la struttura del materiale, al movimento nello spazio del tessuto.

Mentre parla, ci mostra alcuni esempi che tiene appesi in giro per il laboratorio. “Quello è un assemblaggio di tessuti, che ho utilizzato in occasione di una cena di gala per cui mi hanno chiesto di curare l’allestimento. Quest’altro è una giungla tessile animata. Faceva parte di un altro lavoro. È qualcosa di dinamico. Si muove e cambia in continuazione.”

Essendo da anni in questa attività, il suo modo di lavorare il tessuto e la sua visione artistica sono ben conosciuti nell’ambiente. Viene contattata da clienti che le affidano allestimenti tessili in occasione di feste, eventi e ricevimenti. 

Una conoscenza del mondo del tessile affinata nel tempo e una sensibilità estetica non comune fanno dei suoi lavori qualcosa di estremamente originale.

Silvia Giorgetti è anche insegnante alla Naba, Nuova Accademia di Belle Arti di Milano. 

“Ho sempre portato avanti il lavoro artigianale, ma gran parte del mio impegno è dietro a decine di ragazzi ogni settimana”. 

Proprio con due sue studentesse, Silvia ha di recente lavorato ad un progetto particolare. La realizzazione di monili tessili di vario tipo. Disegnando e dando vita a fantasiosi bracciali e orecchini in tessuto. Accessori estremamente pratici e leggeri, come è lo stile di Silvia. 

Oltre ai suoi allestimenti, c’è poi una piccola parte del lavoro di Silvia dedicata al vestiario. 

Tra le sue proposte, ci fa vedere alcune sciarpe e un modello di giacca. “Questo è un taglio molto semplice, che ho iniziato a fare qualche anno fa vedendo che funzionava. Su questo modello poi faccio girare le stoffe, a seconda della stagione. Utilizzando tessuti più o meno pesanti”.

In molta della sua produzione, ci dice, c’è un’influenza orientale che Silvia si porta dietro dai suoi anni universitari. “Io ho studiato Storia dell’Arte Orientale”, racconta. “Poi ho seguito un amico fotografo in Messico, per passare successivamente qualche anno a New York. Tuttavia, è il Giappone che mi porto sempre dietro con me”.

Vedendo i suoi lavori, ci chiediamo se oggi sia difficile fare innovazione in questo settore.

“Forse l’evoluzione più significativa in questi anni è il 3D”, ci risponde. “Anche se mai si potrà replicare la sensazione che ti dà un fatto a mano”.

Questo, spiega, per il solo fatto di essere eseguito da una persona, con la sua storia e sensibilità, in un preciso momento storico. Ciò che è in grado di comunicare un tessuto fatto a mano, a livello di percezione, è qualcosa di irraggiungibile da qualsivoglia macchina.

È una qualità che viene capita dai miei clienti”, ci dice. “Quando propongo loro diverse soluzioni, tra lavorazioni meno artigianali ed altre puramente fatte a mano, sono loro stessi a volere queste ultime, seppur siano molto più costose”.

Anche la parte del recupero è molto presente. Gran parte dell’inventario tessile di Silvia è materiale recuperato negli anni. In prima persona o per mezzo di clienti e conoscenti. Come dice lei, c’è ancora un gran sottobosco in cui poter ritrovare tessuti di pregiata fattura lasciati in qualche modo abbandonati. 

“Veniamo da venti, trent’anni in cui c’è stato un grande benessere, si buttava tutti e si ricomprava. Ora c’è invece una nuova moda del recupero. Che denota semplicemente il fatto che non possiamo più consumare come prima”. 

Concludiamo la nostra interessante chiacchierata con Silvia. Consapevoli un po’ di più del suo mondo e della sua arte. 

Un modo di trattare e pensare il tessuto in maniera diversa e innovativa, fuori dagli schemi rispetto a come siamo abituati a immaginare.

Portato avanti dalla sensibilità, competenza e passione di un’artigiana eclettica come Silvia Giorgetti.

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