Fabio Crippa e la Nuova Taglieria Artigiana Pietre Dure

Di artigiani come Fabio Crippa non se ne trovano più. La sua Nuova Taglieria Artigiana Pietre Dure è l’unico laboratorio artigianale in cui, oggi, vengono lavorate pietre preziose e semipreziose.

Questo vuol dire quarzi, ambre, berilli e una varietà vastissima di altre qualità meno note e di una bellezza ipnotica. Come quelle più pregiate, che però non conserva in laboratorio, ma lavora di volta in volta su richiesta dei suoi clienti. 

“Quando ho iniziato c’erano 60, 70 persone a fare questo mestiere”, racconta Fabio. Oggi invece, è rimasto solo lui. E non poter trasmettere la sua enorme conoscenza sulla lavorazione delle pietre è motivo di preoccupazione.

“Per fare questo mestiere servono almeno sei, sette anni di pratica, serve molto sacrificio”, ci spiega. “In pochi sono disposti a farlo”. 

E anche chi, spinto dalla passione, vorrebbe seguire le orme di Fabio Crippa, incontra altri ostacoli. Come quelli economici. “A me tornerebbero molto utili dei collaboratori, ma allo stato dei fatti è impossibile offrir loro uno stipendio adeguato. Per mantenere la conoscenza di certi lavori sono necessarie agevolazioni che, al momento, non ci sono”.  

Così come, del resto, non esistono scuole che insegnino il mestiere. E non ci sono altre strade per impararlo se non andare a fare bottega da un maestro. 

Un tempo, ci dice, a Milano erano attivi corsi di alta oreficeria, oggi sostituiti dai più richiesti corsi di cucina. Diventa così impossibile uscire da una scuola con una formazione completa su determinati antichi mestieri.

“Sto cercando di istituire io stesso dei corsi di taglio”.

Quel poco che riusciamo a vedere durante la nostra visita già rende l’idea di quanta complessità ci sia nel suo lavoro. Il laboratorio è disseminato di diversi macchinari, ognuno destinato ad un procedimento preciso della pietra. 

“Sono l’unico al mondo che costruisce ancora macchine per il taglio delle pietre”, ci rivela a sorpresa. “Le altre due aziende che lo facevano hanno chiuso negli anni ‘90”. 

Un lavoro come il suo ha infatti una doppia difficoltà. Non solo serve abilità nella lavorazione dei materiali, ma bisogna anche costruirsi le macchine da sé. 

“Ha iniziato mio padre a farlo. Era lui che fabbricava e testava gli attrezzi per il suo lavoro. Poi ha iniziato a produrli per sé e per gli altri”.

Fabio ha fatto sue queste competenze e continuato l’attività. Dal 2002 ha aperto la sua azienda, diventando un riferimento per artigiani, gioiellieri, designer e aziende che ricercano specifiche lavorazioni per le loro pietre. 

“Ho sempre preso lavori complessi e difficili, che spesso non rientravano neanche nelle mie mansioni di tagliatore di pietre semipreziose e preziose”, spiega Fabio. “Grazie alla curiosità verso questo lavoro, ho portato avanti tecniche sempre nuove, che nessuno mi ha mai insegnato”. 

Trovandoci qui, abbiamo l’occasione di capire come funziona un mestiere così particolare. 

Nel quotidiano, Fabio deve stare dietro a tutti gli aspetti di questo lavoro. Che debba fare uno sfaccettato, un intarsio o un’incisione. 

“Ogni giorno si imparano cose nuove, ogni lavorazione che fai per un artigiano è un’esperienza nuova che ti arricchisce”.

 

Il processo di lavoro nella Nuova Taglieria Artigianale di Fabio parte dalle richieste dei suoi committenti. Questi indicano i modelli di pietra dura che gli interessano, e consegnano a Fabio disegni, schizzi o matrici su cui poter lavorare. 

Essendo un lavoro molto particolare, che richiede un’esperienza vastissima del mondo delle pietre, è necessario sapere fino a che punto, e in che modo, queste possano essere lavorate. 

Come ci spiega Margherita, moglie di Fabio, anche lei espertissima, le pietre non sono materiali malleabili come il metallo. Ognuna ha una sua pezzatura (grandezza) e colori unici. Non è come ordinare un oggetto su misura. Bisogna sempre tener conto delle qualità della pietra. 

Detto questo, ci mostrano il loro arsenale di pietre dure che conservano in laboratorio. Semipreziosi che si acquistano al chilo, accumulati durante i diversi anni di attività. 

Passiamo in rassegna oggetti splendidi. Alcuni conosciuti e già visti, altri completamente nuovi. Quarzo bianco, quarzo citrino, quarzo lemon e fumè. Poi tormalina nera, rutilio, quarzo rosa, ametista, agata bianca e nera.

Poi l’agata tinta, anche detta corniola. Che, invece di essere grezza, è già lavorata. “Questa la compri fatta così, viene tinta in vari colori”, ci spiega Fabio. “Si parte da un’agata grigia, che viene lavorata con delle procedure chimiche, molto invasive. Infatti in Occidente non le fa più nessuno, proprio perché sono molto inquinanti”.

Dopo aver ammirato le splendide forme e i colori della materia grezza, passiamo a capire come questa viene lavorata. Passando da una macchina ad un’altra, in giro per il laboratorio, Margherita ci mostra le varie fasi della lavorazione

“Il primissimo passaggio per lavorare il materiale di grande pezzatura è la sega circolare, che lavora ad acqua”, ci spiega. Una volta fatto il primo taglio della dimensione stabilita, si passa alla mola. Ovvero una macchina su cui è installata una ruota, che, girando, abrade la pietra che vi si appoggia. Le mole sono fatte in vari materiali e rivestite con composti abrasivi differenti, a seconda del tipo di lavorazione che si vuole applicare alla pietra. 

Man mano che si lavora la pietra, si passa infatti a delle mole più sottili. Da quelle diamantate, ad esempio, ad altre in gomma. Una volta terminato questo lavoro, può essere necessario un ulteriore passaggio a mano, spiega Margherita. Si utilizzano, per questo, diversi tipi di carta, con granulometrie diverse. In questo modo si controllano i colpi lasciati dalla prima mola, per rimuoverli con un minuzioso lavoro artigianale

Terminato il lavoro di taglio e abrasione, si passa alla lucidatura vera e propria. Anche qui, a seconda di cosa si sta trattando, ogni pietra va lucidata con materiali diversi. “Per agate e quarzi, ad esempio, può andare bene lavorare col feltro e l’ossido di cerio mischiato con l’acqua”, spiega Margherita. Facendo così, la pietra viene lucidata a specchio. Con altre tipologie di pietra, come acquamarina o berillio, la lucidatura si può fare a legno, su cui si passa pasta di diamante.

Molto interessante è anche l’utilizzo del lapidello, una tecnica fra le più antiche in questo ambito e ancora oggi utilizzata per certi lavori. Si utilizza per rendere piatta la pietra e rifinirla. 

Gli arabi furono i primi che realizzarono lenti per occhiali”, ci racconta Fabio. “Usavano il lapidello per lavorare cristalli, quarzi, o comunque vetri. Fecero le prime lenti d’ingrandimento, utilizzando polveri silicee, e usando vari passaggi di grana, fino alla più sottile, chiamata spoltiglio. Il processo di lucidatura veniva infine fatto con la pomice”.

Anche Leonardo e Galileo, ci informa Fabio, realizzarono le lenti in questo modo. Quelle tecniche imparate dai maestri vetrai sono state portate avanti fino ad oggi, copiate e migliorate attraverso nuove tecnologie.

Infine, Fabio ci mostra la parte forse più artistica dell’intero processo di lavorazione. Fa vedere il disegno di un’araldica che deve riproporre su pietra. Per farlo, dispone di una serie di micropunte, che si fabbrica lui stesso, di diverse dimensioni. A seconda del disegno che deve incidere sulla pietra, utilizza attrezzi con grandezza e forma differente. Montati su un mandrino, vengono impregnati di olio e diamante per riuscire ad incidere la pietra. 

La mole di conoscenza che serve per un lavoro come quello di Fabio Crippa è enorme. Ce ne si accorge ad ogni domanda, ad ogni dettaglio che spiega. E lo si può intuire considerando i millenni di storia in cui si sono affinate certe tecniche. 

Sperando che questo mestiere e l’esperienza di Fabio possano essere un giorno tramandati a nuovi artigiani, salutiamo lui e Margherita. Portandoci a casa un briciolo preziosissimo dei loro affascinanti insegnamenti.

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