Liuteria Muzio: l’arte del restauro degli strumenti ad arco

Diego Muzio ha preso in mano quello che per anni è stato il lavoro di suo padre. È lui l’artigiano liutaio che incontriamo oggi. Ci accoglie nel suo laboratorio a Milano, traboccante di violoncelli, violini e contrabbassi

Suo padre Roberto, ci racconta, si innamorò da giovane del contrabbasso. Prima in qualità di musicista, e poi intraprendendo la strada della liuteria

“Se quasi tutti i liutai sono qualificati nella realizzazione dei violini”, ci dice Diego, “non così tanti seguono uno strumento come il contrabbasso”. 

Per questo, l’ enorme strumento è qui la specialità della casa. Anche se, mentre il padre Roberto si dedicava alla fabbricazione, Diego ha intrapreso una strada leggermente diversa. 

“Io mi occupo di restauro”, dice Diego. Il mondo della liuteria, c’è da sapere, è estremamente variegato nella sua complessità. Si divide in due grandi mondi, quello degli strumenti ad arco, come viole, violini, violoncelli e contrabbassi. 

E quello degli strumenti a pizzico, chitarre e mandolini. Oltre a questo, viaggia anche su due percorsi simili ma comunque diversi. La fabbricazione dello strumento e il suo restauro

“È ovvio che i due mondi comunicano l’uno con l’altro”, spiega Diego. “Tuttavia, dedicarsi al restauro richiede attenzione e una quantità di tempo che non ti permette di fare tanto altro”. 

Per cui, nel vasto universo dell’artigianato della liuteria, Diego ha sviluppato delle competenze particolari, quasi di nicchia in questo ambiente. Il restauro e la conoscenza del contrabbasso. E una terza che ci rivelerà più avanti. 

“La liuteria legata ad uno strumento come il contrabbasso non è largamente praticata”, ci racconta. “Si tratta di uno strumento grosso, ingombrante, quindi anche costoso nei suoi elementi e nella fabbricazione”. Un ceppo di legno per la tavola armonica di un contrabbasso, ci spiega, arriva a costare dieci volte tanto rispetto a quello di un violino. 

La formazione di Diego arriva da due sponde complementari. Suo padre gli ha insegnato a conoscere violoncelli e contrabbassi, e la tecnica di verniciatura ad alcol. A questo sapere, Diego ha unito ciò che ha appreso dal suo secondo mentore. Il maestro Lissoni, di Lissone.

Che lo ha istruito alla conoscenza di viole e violini e la verniciatura a olio. Seguendo suo padre Roberto e il lavoro in bottega da Lissoni, Diego oggi ha acquisito una vastissima conoscenza su diversissime tecniche di liuteria

“In realtà ho iniziato un po’ tardi il mio percorso da liutaio”, racconta. Era il 2009 quando ha deciso di iniziare ad occuparsene. Seguendo il laboratorio di suo padre la sera, dopo aver finito il suo turno di lavoro come elettrotecnico.


Poi, quando il padre decise di chiudere bottega, nel 2019, Diego ha rilevato l’attività e concentrato tutti i suoi sforzi in questo ambito. 

Un passo alla volta, mostrando un violino, una viola o un contrabbasso, snocciola una serie di interessanti nozioni su questo mondo antico. 

Gli strumenti, spiega, sono composti da elementi diversi che vengono poi assemblati. La tavola armonica, ovvero la parte frontale dello strumento. Le fasce laterali, il fondo, cioè il retro, il manico e il famoso riccio. 

Ogni elemento è pensato, dalla materia prima alla sua lavorazione, in funzione del suono. Il più piccolo cambiamento nella struttura e nei materiali influisce sulle sue capacità vibrazionali

Man mano che Diego si addentra nei particolari, è sempre più evidente come, più che un’arte, la liuteria sia una vera e propria scienza. Fatta di matematica, fisica e innumerevoli tentativi. Fino a trovare il risultato ideale. 

Il legno ha una sua memoria”, ci spiega a un certo punto. “Uno strumento suona meglio anche in base a chi lo ha suonato”. 

Le cellule che compongono i legni con cui è fatto lo strumento si dispongono in maniera precisa quando vengono attraversate dal suono. 

Senza entrare troppo nello specifico, si potrebbe dire che più uno strumento è suonato in un certo modo, più sarà propenso a mantenere quel timbro. Indipendentemente da chi lo suonerà dopo. 

Anche per questo, la qualità del legno scelto è cruciale. 

“Il legno che utilizziamo per la tavola armonica è abete rosso della Val di Fiemme”. Ci guarda e aggiunge: “Esatto, proprio quello che si dice usasse Stradivari per i suoi violini”. 

Anche se, ci confessa, è una storia a cui fatica a credere. “Andare a recuperare quel legno è agevole ai giorni nostri. Non lo era ai tempi di Stradivari”. Il legno deve avere determinate caratteristiche. 

Tra tutte, è fondamentale che non contenga sacche di resina. Queste impediscono al suono di vibrare liberamente lungo la materia.

Il resto del violino, racconta, può avvalersi anche di legni diversi. Si utilizza quello d’acero, solitamente, ma vi è una certa libertà. “Questo ad esempio”, dice mostrando un contrabbasso che ha in laboratorio, “è ippocastano”. 

In tempi di guerra, quando gli spostamenti erano difficili, si usavano pali del telegrafo o vecchi mobili. “A volte capita di vedere certi fregi, segni o decori su parti del violino. Arrivano da materiale di recupero”.

Diego, nonostante la giovane età, è davvero un’enciclopedia. Andare da lui è come fare la prima lezione di liuteria. Ed è interessante capire, tramite le sue parole, quanto può essere estremamente complicato un restauro. Ogni pezzo che si va ad aggiustare, ogni legno aggiunto, deve provare ad alterare la struttura il meno possibile. E lasciar fluire e vibrare il suono come se non si fosse mai intervenuti. 

“C’è una parte dello strumento che si chiama ‘anima’”, specifica Diego. “Se questa si rompe o si danneggia, il suono non potrà mai più tornare quello di prima”. 

Se già questo sembra un mondo estremamente complesso, Diego tira fuori, sul finire della chiacchierata, la sua ennesima competenza. 

“Differentemente da altri liutai, io mi occupo anche di restauro degli archetti”. C’è chi pensa che l’archetto sia una parte secondaria rispetto allo strumento. Che basti prendere un violino, una viola ottimi per suonare bene, spiega. “L’archetto, invece, per il suono ha la stessa importanza dello strumento”. 

Anche qui, un elemento apparentemente semplice, è invece custode di tantissimi segreti. E di pezzi. Diego inizia a smontarcene uno davanti. Continuando a tirarne fuori di minuscoli ma fondamentali. Che un occhio inesperto non vedrebbe nemmeno. 

“L’archetto è costituito da numerosi elementi e materiali diversi”, ci spiega. “L’impugnatura è in legno d’ebano. Mentre la bacchetta, ovvero la parte lunga, in legno brasiliano o in pernambuco, il più pregiato. Sennò si utilizza anche la fibra di carbonio”. 

Poi c’è ovviamente il crine di cavallo, che si appoggia sulle corde ed è l’elemento che più spesso si usura e va sostituito. 

Ma un archetto di liuteria presenta elementi in oro o argento, in madreperla, addirittura parti in pelle di lucertola. Ogni pezzo compone un puzzle perfetto. Tutto finalizzato a rendere confortevole l’archeggio, e impeccabile il suono. 

Estremamente meravigliati, ringraziamo Diego per la sua esauriente lezione di liuteria. Sicuri che potrebbe allietarci ancora altre ore con migliaia di informazioni pittoresche su questa splendida tradizione artigiana.

Consigliati per te