Sandro Rongione e il restauro dei mobili antichi

Sandro Rongione, restauratore di mobili antichi a Milano, nel suo laboratorio nel mezzo degli ultimi pezzo lavorati.

Sandro Rongione si occupa di restauro di mobili antichi fin da quando era ragazzo. La sua è una passione che nasce presto, trasmessa da suo padre. Ce ne racconta la storia durante il nostro incontro nel suo laboratorio milanese. Ricolmo di sedie, mobili, travi e assi di legno, che spuntano da ogni parte. 

La sua carriera come restauratore comincia nel 1987. Quando, seguendo il padre nei suoi lavori di falegnameria, inizia anche lui a toccare con mano l’arte della lavorazione del legno


“Penso che per poter essere un bravo restauratore servano almeno dieci anni di lavoro. È un periodo di tempo ragionevole per consolidare una conoscenza abbastanza completa”. 

In ogni caso, aggiunge, non si smette mai di imparare.  

Lavora quindi in bottega col padre, e segue al contempo corsi legati al mondo del restauro. Oggi si dedica esclusivamente a questo. Riparazioni, lucidature, laccature, dorature e trattamenti antitarlo. Tutto sul legno, di cui Sandro conosce ogni sfaccettatura. 

“Bisogna essere capaci innanzitutto di riconoscere i vari tipi di legno di cui è composto un mobile. Ciliegio, noce, acero. E, ovviamente, anche l’epoca”. 


Come ci fa capire Sandro, un compito che presenta più insidie di quanto si pensi. Esistono periodi storici, come quello di fine Ottocento inizio Novecento, in cui la tendenza era riprodurre mobili con lo stile di epoche precedenti. Per cui, il restauratore, in base alle tecniche utilizzate, deve essere in grado di capire se il mobile è originario di un dato periodo o di un altro. 

“Perché anche le tecniche cambiano nel tempo. E per ogni epoca di riferimento se ne usa una piuttosto che un’altra ai fini del restauro. Ognuna restituisce un risultato diverso”.  

Così come, pur trattandosi di un mestiere antico, le stesse tecniche si evolvono. “Bisogna comunque rimanere aggiornati”, dice. “In generale le metodologie principali rimangono le stesse. Ma è anche vero che queste cambiano e si sviluppano nel tempo”.


E quando si parla di novità, ci si riferisce anche a cosa è di tendenza e cosa no. Anche nel mondo dell’antiquariato esistono infatti delle mode, che un artigiano come lui tocca con mano nel quotidiano. 

“Ultimamente sono i mobili del Novecento, progettati da architetti o designer, che stanno riscontrando una notevole crescita di valore. Molto di più rispetto ad oggetti più antichi”. 

Per essere bravi a fare questo mestiere, continua, serve molta pazienza. E ovviamente tanta passione. 


“È un lavoro che ti deve piacere, non ci si può certo improvvisare”. 

Per trattare un mobile e riportarlo al suo originario smalto, un restauratore deve affrontare una serie di passaggi. Come ci dice Sandro, va innanzitutto identificata l’epoca e i tipi di legno che compongono il mobile. Sapere il periodo è fondamentale anche per capire che tecniche utilizzare in fase di restauro. In modo da riprodurre esattamente il tipo di lavorazione originale, e quindi l’effetto finale.

Si procede poi a sistemare le spaccature sul mobile. Utilizzando gli stessi legni, si lavora con la colla a caldo per introdurre gli inserti in legno o rincollare i pezzi sollevati. Dopodiché il mobile viene generalmente stuccato, levigato e lucidato a tampone


“La lucidatura a tampone prevede l’utilizzo di una resina naturale, gommalacca sciolta in acqua, che viene poi passata a tampone sul legno”. 

Una tecnica che, ci spiega, si è iniziato a usare sui mobili intarsiati dell’Ottocento, proprio per far risaltare venature e tonalità dell’essenze lignee degli intarsi. 

I mobili più antichi, continua, venivano poi rifiniti a cera.

 In base al tipo di lucentezza che si vuole ottenere sul mobile, si utilizzano materiali diversi. Proprio la cera, ad esempio, aiuta a smorzare il grado di lucentezza che viene impressa da una lucidatura a tampone. 

Per alcuni mobili è richiesto questo tipo di trattamento, per ragioni di restauro o per volontà del cliente. Per altri, in cui magari sono presenti diversi tipi di legni e si vuole ricreare fra questi un forte contrasto, è consigliabile renderli e lasciarli molto lucidi. 


“Il restauro del mobile segue un principio diverso rispetto ad un restauro museale”, ci spiega. “In un’opera d’arte, il restauro deve essere conforme ad essa ma si deve poter riconoscere la parte autentica da quella rifatta”. 

Per questo, continua, su un dipinto vengono riproposti i colori dell’opera, ma utilizzando la tecnica del rigatino. Questo permette di identificare la parte restaurata. 

“Nel restauro del mobile non si deve vedere l’intervento del restauratore. Tutto deve risultare omogeneo e armonico”. 


Come ultima curiosità, chiediamo a Sandro Rongione qual è la parte del processo che più lo affascina e diverte del suo lavoro. 

“Ripristinare un pezzo mancante, riprodurre fedelmente un intarsio o un motivo, riportarlo esattamente al disegno originale, è qualcosa che ti dà una grande soddisfazione”.

Proprio ciò che ci sembra essere l’essenza di un lavoro di restauro.

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